Newsletter Ordine n. 51/2015 (del 11.11.2015): Veterinari, caccia, chiarimenti
Cari Colleghi,
l’eco mediatica ha suscitato dalla pubblicazione di una foto che ritrae un medico veterinario con un leone da lui abbattuto durante una caccia in Africa, ha superato ogni aspettativa e non sembra spegnersi, almeno a breve.
Sono pervenute, già solo al nostro Ordine, centinaia di mail. Giornali, radio e televisioni continuano a mantenere alta la tensione sull’episodio in questione.
Inutile ricordare che la totalità delle mail di cittadini vorrebbero la radiazione del veterinario, ma anche all’interno della categoria moltissimi sono in linea con questo pensiero, o comunque chiedono pesanti sanzioni e rilevano incompatibilità etiche.
Voglio ricordare che l’Ordine è un ente di diritto non economico, sussidiario dello Stato, e che il nostro Codice Deontologico trova applicazione all’interno dell’esercizio della professione o all’esterno, quando trasgressioni della legge violino anche dei doveri sanciti dal codice stesso.
Mi sembra che, nel caso in questione, il collega abbia esercitato un’attività (quella venatoria), perfettamente legale, previa l’osservanza di regole e autorizzazioni precise: questo rende non sanzionabile la sua azione. Questa è la legge.
Tuttavia è inutile nascondere che questa vicenda ha innescato una polemica anche all’interno della professione. Ci sono richieste (mi auguro solo provocatorie) di cancellazione dall’Albo per non condividere il senso di appartenenza con il collega in questione e, comunque, richieste di provvedimenti nei suoi confronti.
In questo contesto i media, cavalcando la situazione, hanno riportato notizie e affermazioni tese soprattutto a fare “audience”, interpretando e travisando quanto dichiarato, utilizzando quelle regole giornalistiche per cui un titolo non virgolettato esprime il pensiero di chi scrive e non dell’intervistato. Poiché le smentite tendono ad essere meno incisive, ritengo importante specificare che mai è stato proposto un Albo speciale, mai si è entrati nel merito della professionalità del collega, il quale peraltro da sempre non nasconde la sua passione per la caccia.
Cari Colleghi, questa vicenda ci piaccia o no, giusto o sbagliato che sia l’atto compiuto, ha sollevato una questione che ha una ricaduta enorme sulla nostra immagine professionale e non solo.
Possiamo far finta di niente, rimanere incollati alle nostre sterili dispute sui social o nei bar, oppure prendere atto che la percezione e il concetto dell’etica che la gente ha nei confronti della nostra professione è cambiato, forse anche a causa nostra.
Auspico che questa vicenda, brutta per tutti (collega in primis), sia il motivo per cominciare un confronto serio, non finalizzato solo alla polemica.
Non si potrà mai avere una unanimità di consensi su questi temi, così come non tutti saranno d’accordo con quanto scrivo.
So benissimo che non è facile affrontare argomenti sui quali le posizioni sono diametralmente opposte, ma non è impossibile e va sempre fatto nel profondo rispetto delle regole.
In ogni caso tengo a precisare che la tutela del sentimento etico permea profondamente la nostra professione.
Ricordo infatti che la cura degli animali d’affezione è totalmente gestita dalla libera professione, e come tale sottostà alle sue regole.
Qualsiasi cliente è libero di scegliere il medico veterinario che preferisce in base a una scala di valori soggettiva e insindacabile. Spetterà solo a lui decidere liberamente se oltre ad essere un buon professionista debba anche presentarsi alto, biondo, con gli occhi azzurri o avere altre caratteristiche particolari.
Resta tuttavia il fatto che non possiamo sottrarci dall’affrontare queste nuove tematiche con coraggio e senza ipocrisie.
Ti saluto cordialmente,
Thomas Bottello
Presidente Ordine Veterinari Torino